L’arte, è un ottimo pretesto per parlare di storia antica e contemporanea, di scienza, di ciò che accade dentro e fuori di noi. Con la parola “arte” non si intendono solamente le arti visive, ma, in senso più ampio, la danza, la musica, il teatro, ecc. Tutte espressioni che ci offrono differenti visioni del mondo.
Ma come sfruttare questa immensa risorsa per l’apprendimento?
Come educatrice museale mi trovo spesso a fare i conti con questo interrogativo. Le risposte si possono trovate negli insegnamenti dei grandi pedagogisti del passato e del presente che pongono l’arte al centro dei processi educativi, John Dewey, Marco Dallari, Bruno Munari e Cristina Francucci (per citarne alcuni). Dallo studio delle loro teorie emerge che esistono tre fasi distinte dell’apprendimento: la narrazione dell’opera, la ricezione e il fare.
Queste fasi fanno parte del processo creativo dell’opera eseguito dall’artista stesso e noi possiamo fare in modo che le persone rivivano questi momenti andando a creare una propria esperienza artistica.
1. La narrazione
E’ il momento in cui l’educatore racconta l’opera; il motivo per cui è stata creata, di quali materiali è fatta e quando è stata realizzata. La narrazione ricostruisce confronti con l’oggi, secondo una direzione di senso che permette continuità e coerenza all’intera esperienza. Ciò dovrebbe avvenire in maniera personale, rielaborando e commentando sulla base delle esperienze e delle conoscenze dell’educatore. Ogni narrazione, infatti, è un’interpretazione e in quanto tale può permettere anche il racconto di sé e collegamenti con altri ambiti del sapere.
Durante la narrazione è fondamentale che l’educatore sappia comunicare con il corpo e la voce in maniera efficace e accattivante. Come in una sceneggiatura ci devono essere ritmi, tempi, ingredienti linguistici e visivi ben studiati. Questi atteggiamenti servono a comunicare la passione e l’interesse che l’educatore ha nei confronti di ciò che sta trasmettendo, poiché solo in questo modo riuscirà a renderli desiderabili e appassionanti anche per coloro che lo stanno ascoltando.
La narrazione allora dovrà evocare altre vite, stupire, scioccare, generare emozioni, attraverso il racconto delle visioni dell’artista, dei suoi amori, della sua musica, dei luoghi in cui è stato e di ciò che ha letto e vissuto.
2. La ricezione
Sia che ci rivolgiamo a bambini o adulti, bisogna sempre tenere presente che ogni persona ha un vissuto, una sensibilità, delle potenzialità che influiranno nella percezione dell’opera d’arte. Inoltre è sempre doveroso domandarsi come ciò che si vuole trasmettere possa influire sulla vita del discente, se lo aiuta a saper vivere, poiché è questo l’obiettivo dell’educazione.
L’atteggiamento che un educatore può assumere, allora, è quello dell’entropatia, ossia il ricercare un’immedesimazione volontaria nell’altro. Un modo di porsi differente dall’empatia, che appartiene maggiormente alla sfera emotiva.
Utilizzando questo comportamento, si può stabilire un contatto per mettersi in relazione in maniera più efficace con il nostro interlocutore.
3. Il fare
Ovvero il creare, lo sperimentare, inteso non come un fare arte, ma fare con l’arte o sull’arte, con giochi grafici, operazioni fotografiche, analisi, associazioni, assemblaggi di immagini e di idee. Un momento fondamentale nel quale l’interlocutore ripropone, guidato dall’educatore, ciò che ha vissuto durante la fase di presentazione dell’opera.
Un vecchio detto cinese afferma che «se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco». Questa frase è usata molto da chi presenta la poetica di uno dei primi creatori di laboratori artistici per bambini in Italia, Bruno Munari. Egli vedeva la piena realizzazione dell’apprendimento nella sperimentazione diretta dell’oggetto da parte del bambino. Nei suoi laboratori si predispone lo spazio, i materiali e si crea la condizione affinché il discente si possa muovere e possa sperimentare autonomamente in base al percorso e alle regole determinate dall’educatore.
Il fare, allora, non serve solamente ad imparare, ma ad imparare ad essere, a sperimentare e sperimentarsi, a sentire e vivere emozioni che potranno poi essere ritrovate nella vita di ogni giorno. Inoltre un fare mutuato dall’arte è reso maggiormente valido dall’utilizzo di strumenti derivati da chi guarda la realtà con occhi diversi, uno sguardo che non si lascia sopraffare dalla routine di tutti i giorni, ma che si legittima sempre attraverso i sensi.
Sara Agostinelli
(co-curatrice progetto didattico e mediatore museale)
Bibliografia
Dewey J. Arte come esperienza, Palermo, Aesthetica edizioni, 2009
Francucci C. Arte contemporanea come progetto educativo in Francucci C., Vassalli P. Educare all’arte, Scandicci, La Nuova Italia, 2005
Dallari M. La dimensione estetica della paideia. Fenomenologia, arte, narratività, Gardolo, Trento, 2005
Valentina Garavaglia Bruno Munari. Il gioco del teatro, Milano, Edizioni Unicolori, 2013
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